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In questo volume non si parla, genericamente e complessivamente, del teatro nel Novecento (anche se, com'è ovvio, non vi mancano frequenti notazioni panoramiche e di contesto) ma, ben più ristrettivamente e specificamente, di Novecento teatrale, intendendo con questa espressione le esperienze, le proposte, gli artisti e gli eventi che hanno sconvolto il teatro contemporaneo, che lo hanno cambiato in maniera irreversibile e comunque in profondo, nelle sue funzioni, nel suo valore e nella sua stessa identità.
L'intento è quello di porsi di fronte al Novecento teatrale come davanti a una storia per più versi già conclusa (anche se fittamente intrecciata con le vicende attuali della scena), meglio ancora, come : davanti alla nostra tradizione, per coglierne soltanto i momenti e gli aspetti che consentano di individuare meglio la rottura radicale che essa ha operato nelle pratiche e nelle visioni sceniche, cioè sia nei modi di fare che di pensare il teatro oggi - non solo a livello estetico ma anche e soprattutto sul piano sociale, culturale, addirittura antropologico.
Pur avendo così drasticamente delimitato l'argomento, il libro adotta anche un procedimento a cannocchiale rovesciato, o a imbuto, se si preferisce, restringendo progressivamente l'obiettivo e il raggio della propria attenzione : dall'esame della rottura della convenzione, indagata nei casi emblematici dello spazio scenico, della regia e del rapporto attore-personaggio, alla messa a fuoco del filone centrale del Novecento teatrale e della sua tradizione : quello che - giusto il titolo del volume - vincola la nascita di un nuovo teatro, in netta discontinuità con la scena dominante, all'avvento di un nuovo attore, anzi di un attore nuovo, attraverso il passaggio per le fasi cruciali (altrettanti momenti chiave del lavoro su se stessi e dell'accesso alla creatività) rappresentate dalla riscoperta del corpo e dalla conquista dell'azione.