En cours de chargement...
Per Emanuele Trevi queste pagine costituiscono il primo capolavoro di « uno dei piu` grandi narratori del suo tempo, un impareggiabile collezionista di anime in pena ». Apparvero per la prima volta nel 1982, sotto forma di introduzione ai Diari di Delfini, e nel 1989 Cesare Garboli le raccolse nei suoi Scritti servili. Ora vengono qui riproposte autonomamente, con una precisa speranza: che siano lette o rilette non piu` come un saggio di critica letteraria, ma come un racconto borgesiano.
Per quello che sono, in fondo: l'addio a un amico. Quando si conoscono, sul lungomare di Viareggio, sono precoci entrambi: Garboli e` un adolescente di diciassette anni, Delfini uno scrittore « postumo » e dichiaratamente fallito di trentanove. A legarli sara` la letteratura. Ma piu` che uno scrittore, Delfini e` un personaggio di romanzo che aspetta di essere scritto. Garboli ce lo racconta « squinternato, balordo, puerile », un tipo che « non fa che scambiarsi con un altro e non ama, di se?, che il proprio contrario », eppure giocoso e allegrissimo.
Ce lo mostra nello spicchio di luce di un caffe`, davanti al banco, mentre cena da solo o mette in scena lo sperpero del suo talento, e infine ammalato in un letto, a leggere Stendhal, a Modena, la sua citta` natale, con la vita alle spalle. Uno scrittore di quaderni smarriti, ma a cui sempre il sorriso « scucchiaiava la faccia, tagliandola da un orecchio all'altro ». Un uomo pieno di gioia e` la storia di un irripetibile apprendistato alla vita, che e` sempre la piu` difficile tra tutte le filologie.